Le norme europee sugli edifici fanno preoccupare gli italiani. Sulle nostre case potrebbe abbattesti una nuova, importante restrizione.
I piani dell’Unione Europea prevedono un completo ristrutturazione di tutti gli edifici dei paesi membri dell’Unione. Entro i tempi prestabiliti, tutti dovranno vivere a zero emissioni per poter far ancora parte dell’Unione Europea.
Le politiche europee in fatto di ambiente e risparmio energetico non sono ormai un mistero per nessuno. Già da prima della guerra in Ucraina l’Europa aveva cominciato un processo green, andando a investire maggiormente sulle energie alternative e sulle tecnologie a impatto zero. Nonostante la gravissima crisi economica che ha colpito tutto il continente, i vertici di Bruxelles hanno deciso di non rallentare sui piani di politica green dell’Unione, a partire dal piano, ambiziosissimo, di rendere tutti gli edifici europei a impatto zero entro il 2050. Questo obiettivo ha come punti mediani una serie di altri obiettivi più a breve termine che tutti i paesi membri devono rispettare, a partite da quello in programma per il 2030.
L’Europa ha pubblicato in questi giorni l’obbligo di ristrutturazione delle case, in maniera tale che entro il 2030 determinate case in Italia siano a minore impatto ecologico. La base è che tutti gli edifici in Italia debbano raggiungere la classe energetica E. Qua cominciano i problemi, perché secondo i dati del catasto in Italia il 60% degli edifici è di classe energetica F o inferiore. Questo però è soltanto la punta dell’iceberg, in quanto la nuova direttiva europea prevede anche altri punto oltre a quello sopra citato:
- entro il 2030 tutti gli edifici residenziali dovranno raggiungere almeno la classe energetica E;
- entro il 2033 quegli stessi edifici dovranno raggiungere la classe energetica D;
- entro il 2040 dovrà essere raggiunto un livello di basse emissioni tale per cui nel 2050 si possa dichiarare che tutti gli immobili sono a impatto zero.
Le direttive dell’Europa e l’impatto sulle tasche degli italiani
Seppur il fine sia nobile, le politiche dell’Unione Europea stanno decisamente forzando i limiti della realtà. Il piano per raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero entro il 2050 era stato congeniato prima della guerra e della pandemia, quando ancora la situazione economica era stabile e molti cittadini non rischiavano che venisse loro staccata la corrente per mancanza di soldi per le bollette. L’impegno richiesto dall’Unione Europea è molto pressante e richiederà allo Stato una grande quantità di investimenti.
Un simile programma di investimenti fa a pugni con le spinte di assistenzialismo portate avanti dalla maggioranza di Governo. Giorgia Meloni e la sua squadra hanno cominciato una politica atta ad aiutare i cittadini in periodo di crisi economica, riconoscendo in quest’ultima la principale problematica attuale.
Una maggiore flessibilità
Sebbene sia improbabile che i piani per le politiche green dell’Unione saranno ritrattati, si parla di una certa flessibilità sui tempi per quanto riguarda il secondo punto della lista degli obiettivi. Per quanto riguarda il 22% del patrimonio immobiliare italiano indicato nella disposizione, il termine per portarli alla classe D potrebbe spostarsi dal 2033 al 2037.
In questo modo avremmo un po’ più di tempo per realizzare la mole immensa di lavori che saranno necessari nel prossimo decennio per stare al passo con la tabella di marcia europea. La rivoluzione green sarà estremamente dura, ma alla fine potremo dire di essere al 100% indipendenti energicamente e non dover sottostare a un altro ricatto come quello Russo sul prezzo del gas.