Il pignoramento è una delle conseguenze peggiori di chi ha dei debiti. Grazie a un sentenza questa misura non può essere presa con facilità.
L’intervento della Corte di Giustizia Europea ha permesso ai pignoramenti di arrivare con più difficoltà. Ecco come una sentenza sta permettendo a tutti di avere più armi contro le banche.
La sentenza arriva dalla Corte di Giustizia Europea, che si è espressa nei confronti del tema dei pignoramenti dei beni per debiti con la banca. Il pignoramento di un bene, solitamente un immobile, è una disposizione che un tribunale può mettere in atto in caso di mancato pagamento di un debito. Questo può avvenire anche tra privati, ma molto più spesso avviene nel caso di un debito con un istituto bancario e un cliente. Se il cliente non riesce, per qualsiasi ragione, a restituire tutto il prestito avuto dalla banca, può vedersi pignorato un bene, in particolare un’abitazione, che diventerebbe poi di proprietà della banca.
Andando più nello specifico, però, secondo la legge italiana la banca può pignorare il bene di un cliente senza bisogno dell’intervento di un giudice nel caso di mancato pagamento di una rata per un finanziamento ricevuto. Questo può essere il caso di una rata di un mutuo, un prestito privato o qualsiasi altra forma di finanziamento da parte di un istituto bancario. In questo caso il giudice deve solo emettere l’atto esecutivo e la procedura prevede il pignoramento sia del bene che dello stipendio o della pensione del cliente debitore. Al momento dell’attivazione della procedura, il debitore riceve una comunicazione che lo invita a mettersi in regola con i pagamenti nel giro da lì a 10 giorni.
Pignoramento dei beni e della busta paga, cosa dice la Corte Europea
Se il debitore non riesce a mettersi in regola nel tempo stabilito viene ufficializzato l’atto di pignoramento può valere per numerose cose. Possono essere pignorati i beni del debitore, come l’abitazione o l’auto, oppure può essere disposto il prelievo forzoso dello stipendio non oltre un quinto del totale fino alla restituzione completa di quanto dovuto. In alcuni casi può anche essere pignorato il conto corrente, per cui la banca si prende forzosamente una parte dei risparmi.
Sulla meccanica di questi pignoramenti interviene la Corte di Giustizia Europea, che in una sentenza ha deciso che il cliente può presentare ricorso contro la banca nel caso nel contratto ci siano delle clausole abusive. Questo può essere fatto anche se l’ordine di pignoramento di beni, stipendio o conto corrente è già attivo. Il ché rende molto più complessa la procedura di pignoramento.
Cosa si intende per clausole abusive
La Corte di Giustizia Europea ha una lista ben specifica di quali sono le clausole abusive in un contratto tra banca e cliente. Queste, in generale, sono quelle che non rispettano i principi di buona fede ed equità:
- risarcimento unilaterale per annullamento, che permette alla banca di trattenere gli anticipi se il cliente annulla il contratto;
- proroghe automatiche di contratti a tempo determinato, ovvero la clausola per cui è il cliente a dover dichiarare di voler risolvere il contratto alla sua scadenza;
- esclusione o limite alla responsabilità della banca se il cliente muore o subisce lesioni per un atto o un’omissione da parte dello stesso istituto di credito;
- risarcimento per inadempienza contrattuale da parte della banca;
- annullamento con breve preavviso di un contratto senza un termine fisso di scadenza;
- annullamento del contratto unilaterale da parte della banca in determinate circostanza;
- modifiche unilaterali del contratto;
- clausole occulte.
Se è presente almeno una di queste clausole nel contratto, il cliente può impedire il pignoramento presentando opposizione all’atto entro 40 giorni dalla ricevuta comunicazione.