Pnrr 2026. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è una carta da giocare al meglio, perché l’Italia non avrà più l’occasione di disporre di risorse così ingenti. Ma sembra che stiamo già portando ritardo rispetto agli impegni presi.
Qualche giorno fa la premier Giorgia Meloni ha citato Giuseppe Garibaldi e la frase che lo stesso avrebbe rivolto al generale Nino Bixio a Calatafimi: “Qui si fa l’Italia o si muore“. Probabilmente l’Italia non morirà, ma è certo che si farà tanto male se non sfrutterà al meglio un’occasione unica come quella del Pnrr.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta infatti per l’Italia l’occasione per una svolta. Decisa e decisiva. Qualcosa si è fatto, ma sembra già che il nostro paese stia arrancando e non ce la faccia a seguire i tempi indicati, ma anche dettati, dall’Unione Europea. Come stanno realmente le cose?
Ci permettiamo di prendere in prestito il titolo del secondo film interpretato e diretto dall’indimenticabile Massimo Troisi, Scusate il ritardo, perché si presta perfettamente all’argomento che da qui a breve andremo a trattare. Un titolo che il grande attore napoletano ha motivato come essere una sorta di giustificazione per il tempo trascorso dal suo primo film, Ricomincio a tre, datato 1981. Questa introduzione, un misto di allegra malinconia ricordando Massimo Troisi, ci introduce in un ambito decisamente più serio e un po’ preoccupante.
Con la pandemia di Covid – 19 ancora in corso, per la prima volta, si è vista un’Europa finalmente unita. Non solo dal punto di vista monetario ed economico ma come un’entità unica, forte e coesa che ha cercato di superare, e vincere, la più grande sfida del Dopoguerra. Purtroppo poi una guerra è arrivata davvero, ma questa è un’altra tragica storia. Tra il 2020 e il 2021 ha iniziato a prendere forma un piano, approvato poi nel 2021 dall’Italia, per il rilancio dell’economia dopo il drammatico periodo segnato dalla pandemia, finalizzato a una svolta “green” e “digitale” del nostro Paese.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, o più semplicemente Pnrr, fa parte del programma dell’Unione Europea noto come Next Generation EU, un fondo da 750 miliardi di euro per la ripresa dell’Europa, come perfettamente descritto dal suo nome, Recovery Fund. L’Italia è stato il primo paese europeo investito dalla pandemia e l’Italia è anche il paese che ha ricevuto, e riceverà, più fondi all’Unione. Un totale di 191,5 miliardi di euro, di cui 70 miliardi di euro, ovvero il 36,5% saranno a fondo perduto mentre i restanti 121 miliardi di euro, il 63,5%, saranno erogati sotto forma di prestiti.
L’atavico problema della burocrazia sembra che stia rallentando ancora una volta, e pericolosamente, i progetti più importanti per realizzare quel pacchetto di riforme che sono la conditio sine qua non per accedere ai fondi europei. Raffaele Fitto è il ministro che la premier Giorgia Meloni ha scelto come “gestore” dei fondi europei. I suoi continui viaggi a Bruxelles mirano a tentare di raggiungere un accordo che consenta all’Italia di disporre di tempi più lunghi per completare gli investimenti, soprattutto quelli riguardanti il Sud.
La Commissione europea non si è irrigidita, ma il problema dell’Italia sono i tempi riguardanti i cantieri. Giorgia Meloni e Raffaele Fitto hanno in mente un piano preciso che permetta di ridiscutere l’intera strategia dei fondi spostando in avanti il calendario di parte degli investimenti del Pnrr e cercando di unirli ai fondi di coesione destinati al Sud, che lasciano un margine di manovra fino a dicembre 2029. Rinegoziare e ridiscutere i fondi a disposizione dell’Italia, queste le parole d’ordine di Giorgia Meloni e Raffaele Fitto.
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