L’inflazione va sempre più su e serve un adeguamento dei salari
L’aumento dell’inflazione sta creando scompensi non di poco conto sugli stipendi dei lavoratori. A risentirne di più del caro vita sono certamente le famiglie monoreddito dove la riduzione del potere d’acquisto si sente maggiormente.
Il nostro Paese viaggia ormai verso la recessione. Le aziende producono di meno per il caro energia e non hanno più bisogno di manodopera come prima. Questo comporta più disoccupazione e precarietà. Nei mesi scorsi il Governo ha istituito dei bonus per i lavoratori dipendenti ed autonomi ma sono state misure una tantum e comunque non adeguate per calmierare la situazione. Non è mica con 150 euro una volta che si può dare dignità ad un lavoratore. La crisi economica ha infatti ripercussione anche sui consumi che sono praticamente crollati. Molte famiglie hanno modificato il loro carrello della spesa perchè non in grado più di comprare beni anche di prima necessità in quanto aumentati di prezzo.
Aumento stipendio lavoratori 2023: ecco cosa bisogna aspettarsi
La situazione degli stipendi in Italia non è delle migliori. Anche prima della pandemia e della crisi energetica i lavoratori italiani erano quelli con meno crescita dello stipendio negli ultimi anni. L’inflazione crescente ha fatto esplodere una situazione precaria. Il Governo di Giorgia Meloni ha fatto il taglio del cuneo fiscale pari al 3% per i redditi fino a 25.000 euro. Questo ha portato un aumento netto in busta paga del lavoratore ed un risparmio per il datore che ha un carico minore di tasse sullo stipendio mensile.
La sforbiciata del 3% del cuneo contributivo riguarda le retribuzioni
imponibili fino a 1.923 euro, mentre si conferma l’attuale taglio del 2% per le retribuzioni che non eccedono l’importo mensile di 2.692 euro. I limiti di importo mensile sono maggiorati del rateo di tredicesima per la competenza del mese di dicembre. L’ulteriore taglio dell’1% disposto rispetto al 2022 lascia in tasca al lavoratore circa 10,97 euro al mese, da sommare ai 21,95 euro mensili circa dovuti al taglio del 2%. Il taglio del cuneo fiscale funge dunque da aumento di stipendio per effetto di minore tasse dallo Stato sullo stipendio.
Aumento stipendio con i sindacati
Oltre al taglio del cuneo fiscale c’è poi la questione legata anche alle contrattazione tra le imprese e sindacati. La perdita del potere d’acquisto si fa sempre più incisiva tanto che ad oggi la situazione è peggiore del 2019. Per questo motivo i sindacati sono sul piede di guerra e chiedono la rinegoziazione dei vari contratti nazionali chiedendo l’adeguamento in base al valore dell’inflazione. Servirà dunque un tavolo di trattative anche con la regia del Governo. Questa sorta di piano B al taglio del cuneo fiscale va detto non è semplice. Se da un lato c’è la perdita potere acquisto dei lavoratori dall’altra ci sono le imprese che devono fare i conti con il caro energia che pesa non poco sui bilanci. Trovare un punto di incontro non sarà facile. Serve una soluzione strutturale e non passeggera come i bonus che alla fine hanno partorito il famoso topolino che è servito a poco o nulla.