Molti di noi quando si svegliano al mattino per prima cosa prendono il cellulare e controllano chiamate, messaggi e notifiche varie. Niente di più sbagliato per la salute del nostro cervello.
Alzi la mano chi non comincia la giornata con clic sul proprio smartphone, per vedere se nottetempo sono arrivate messaggi, chiamate, video via social e chi più ne ha più ne metta. Il telefonino è ormai diventato una propaggine dei nostri arti superiori e comportamenti simili, volenti o nolenti, sono sempre più diffusi.
Quel che non tutti sanno, però, è che guardare il telefono da appena svegli può avere serie conseguenze sul nostro cervello, che è sul bene più prezioso che abbiamo a disposizione. Un noto neurologo lancia l’allarme e invita a rivedere certe abitudini prima che sia troppo tardi. Ecco le sue parole.
“L’utilizzo immediato del telefono da appena svegli ha conseguenze sul nostro organismo“, avverte il professor Piero Barbanti, neurologo dell’Istituto Scientifico San Raffele di Roma. A colloquio con il quotidiano romano Il Messaggero, l’esperto ha messo in guardia dall’uso ossessivo e compulsivo dello smartphone soprattutto nel delicato momento del risveglio. “Equivale a seppellire il cervello di informazioni facendolo correre di prima mattina dietro ispirazioni banali o drammatiche – sottolinea lo specialista – che fanno passare troppo rapidamente il cervello da una fase creativa notturna a una fase servile diurna, generando ansia e tecnostress”.
I dati recentemente raccolti e diffusi da Deloitte danno ragione al professore e suonano come un campanello d’allarme: più di un terzo degli utenti in tutto il mondo afferma di controllare il telefono entro cinque minuti dal risveglio, e il 20% di ammette di farlo più di 50 volte al giorno. “La dipendenza dagli smartphone è un fenomeno che riguarda tutti, – rimarca Barbanti – e ad essere colpiti sono per lo più gli adulti. I dati ci parlano di una crescita dei disturbi legati alla tecnologia. La sensazione che si trova dietro la dipendenza dell’utente è la paura di essere tagliato fuori da qualcosa o trovarsi in una situazione di pericolo e non accorgersene, e questa è una follia, la vita va avanti anche senza di noi”.
Gli addetti ai lavori parlano di “FOMO”, acronimo inglese che sta per “fear of missing out”, cioè “la paura di essere tagliati fuori”. Una preoccupante forma di ansia sociale caratterizzata dal desiderio di rimanere sempre connessi con la propria cerchia di contatti e dalla paura di essere esclusi dal “giro”. “L’idea sbagliata – fa ancora notare il prof. Barbanti – è quella di perdere un’opportunità, o che, se c’è qualcosa di pericoloso, non potrà essere avvertito in tempo”. L’esperto conclude lanciando una sfida: “Provare a stare una mezza giornata senza wi-fi. Le sensazioni iniziali sarebbero quelle di smarrimento, mancanza, nervosismo, fatica, ma durerebbero pochissimo”. Provare per credere.
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