Aumenti degli stipendi per i lavoratori dipendenti, ma anche un aumento del lavoro precario. Il Governo prepara dei nuovi interventi sul mercato del lavoro che potrebbe aumentare il precariato. Andiamo a vedere in che modo.
Il decreto Dignità, emanato nel 2018 sotto Giuseppe Conte, aveva cercato di limitare il precariato italiano andando ad intervenire sulla riduzione del numero e della durata delle proroghe dei contratti a tempo determinato. Questo andava in una direzione precisa: evitare che molti italiani finissero nel lavoro precario, già abbondante in Italia prima dell’intervento del Governo Conte I. Il Governo Meloni, tuttavia, sembra voler andare nella direzione opposta. Pare infatti che l’esecutivo intenda approvare una misura che riveda il meccanismo del decreto Dignità, andando a prorogare a 36 mesi i contratti a tempo determinato in cui è possibile assumere un lavoratore senza causale.
Questo significa che un datore di lavoro potrebbe stipulare contratti a tempo determinato fino a 36 mesi. Una scelta che non ha trovato molte simpatie tra i lavoratori, visto che questo significa incentivare attivamente la precarietà. Sarebbe più semplice e più conveniente in questo modo per aziende e imprenditori assumere lavoratori solo per un periodo di tempo più o meno breve, senza incorrere in alcuna problematica. Il problema del precariato è reale in Italia ed è qualcosa che molti lavoratori lamentano da tempo, soprattutto tra i più giovani. Si tratta di una delle concause percepite della mancanza di reali prospettive dei più giovani, che non riescono a pensare ad un futuro certo a causa della precarietà della loro situazione lavorativa.
Precarietà e stipendi bassi, il problema del lavoro in Italia
La precarietà non è l’unica cosa a minare il mondo del lavoro italiano. In Italia, secondo i dati INAPP 2021, solo il 35% dei contratti di lavoro firmati è stato a tempo indeterminato. Questo significa che presto il restante 65% non riesce a passare ad impieghi stabili nel corso di 3 anni di attività. Inoltre c’è un gravissimo problema per quanto riguarda gli stipendi medi. L’Italia è l’unico paese dell’area OCSE che negli ultimi 30 anni è andato in negativo per quanto riguarda l’aumento dei salari medi dei lavoratori.
Per la precisione, in Italia nel trentennio 1990 – 2020 gli stipendi sono calati del 2,9%. Contemporaneamente, invece, in Francia sono saliti del 31,1% e in Germania del 33,7%. Parliamo di una situazione critica per i lavoratori, a cui si somma la pesantissima pressione fiscale che lo Stato pone su ogni lavoratore. Il 10,8% degli italiani è considerabile in poor working, ovvero in un ambiente lavorativo tossico che lede sia alla dignità del lavoratore che alla sua produttività.
Il lavoro del Governo sugli stipendi e sui contratti
Il lavoro del Governo starebbe portando sempre più l’Italia verso un futuro fatto di contratti flessibili e il ricorso a contratti per lavoratori atipici e precari. In un certo senso si starebbe cercando di assecondare la tendenza del lavoro italiano piuttosto che combatterla. Allo stresso tempo in Spagna stanno puntando della direzione opposta, con una decisa spinta verso contratti a tempo indeterminato attraverso costi proibitivi per i contratti precari offerti dalle imprese.
Difficile dire adesso quale dei due approcci funzionerà e quale no, ma per il momento il Governo Meloni sembra intenzionato a favorire maggiormente le imprese piuttosto che i lavoratori. Di fronte alla possibilità di avere sempre più lavoratori precari in Italia, con la possibilità di essere licenziati senza possibilità di appello da un momento all’altro, gli aumenti di stipendio derivati dal taglio del cuneo fiscale sembrano davvero poca roba.