Odi una serie TV ma la guardi lo stesso. Sembra quasi diventata un'”assurda” moda. Eppure sono sempre di più coloro che si comportano così.
La televisione è in continua evoluzione. Ormai viaggia parallelamente all’informatica e a tutte le novità che quel mondo, a ritmo pressoché quotidiano, riesce a sfornare. Tv e social network si scrivono, si raccontano, si commentano in tempo reale. Uno starnuto improvviso di un noto conduttore è ripreso e rilanciato sul web. Per tutti coloro che si sono persi l’evento.
Ma a cambiare non è soltanto la televisione. Cambiano i telespettatori. Soprattutto i giovani. Immersi nel mondo virtuale per l’intera giornata, tra computer e smartphone, cercano quelle stesse sensazioni sul piccolo schermo. E non trovandole hanno escogitato una sorta di autoflagellazione televisiva che però persegue uno scopo ben preciso. Quale scopo?
Odi una serie TV, ma la guardi lo stesso. Perché?
Non c’è più la televisione di una volta, come come non ci sono più le stagioni di una volta. I modi di dire sembrano sempre esagerare i singoli aspetti della vita, ma spesso riescono a coglierne l’essenza. Che non vi siano più le mezze stagioni, è purtroppo conclamato dai cambiamenti climatici che stanno repentinamente cambiando, e quasi ribaltando, i “tradizionali” tempi della natura. Se sulle montagne a dicembre non c’è la neve e a Natale si può uscire con un maglioncino, c’è qualcosa che non va.
Sul fatto poi che non vi sia più la televisione di una volta questo è pressoché naturale. La tv è la rappresentazione, più o meno fedele, della realtà. Cambiando i tempi, anche la tv si evolve. Un’evoluzione che non è sempre sinonimo di miglioramento, in senso darwiniano, anzi. Si può dire senz’altro però che cambiando i tempi, cambia anche, e soprattutto, il telespettatore. Provate a consigliare ad un ventenne di seguire un romanzo sceneggiato che faceva sognare gli italiani negli anni ’60, vi risponderà a male parole.
Oggi si ha voglia di reality. La realtà, teoricamente ed ipocritamente, trasportata in tv. Si ha voglia di scandali veri o presunti, da poter poi commentare sui social, attaccando chi la pensa in maniera contraria. Tv e social è un binomio che ormai non ha più nemmeno segreti tanto è evidente. Un binomio che ha anche portato a vivere la televisione quasi come una forma di autolesionismo. Una sorta di sadico piacere ad annoiarsi e ad arrabbiarsi davanti alla tv guardando programmi per i quali non si nutre interesse alcuno.
Ma perché?
Perché seguire programmi, serie tv, personaggi che non amiamo? Perché tanti vogliono fare Hate watching. Ma cos’è? Continuare a vedere una serie tv che non piace e che addirittura giudichiamo scialba e noiosa vuol dire fare Hate watching. Un esempio sono i reality show, seguitissimi, che hanno, come contraltare, migliaia di commenti negativi, per usare un eufemismo, sui canali social, in cui ognuno scarica tutto il suo odio su un programma, o su un suo protagonista, che lui stesso sta seguendo.
Il caso più eclatante di Hate watching riguarda una serie di grande successo in onda su Netflix, dal titolo Emily in Paris. Giunta alla sua terza serie, e con una quarta già programmata, farebbe pensare ad una serie apprezzata da pubblico e critica. Invece anche la terza stagione, come peraltro le prime due, è stata inondata di commenti negativi. Una trama ritenuta vuota e piena soltanto di stereotipi ed una protagonista insopportabile che vive una vita inverosimile in una Parigi che sembra un luogo incantato.
Ecco quindi che l’espressione Hate watching è stata immediatamente associata alla serie Emily in Paris. Ecco quindi il piacere di seguire un programma o una serie televisiva soltanto per divertirsi a prenderne in giro tutte le assurdità presenti condividendo poi le opinioni con gli amici o attraverso i social, che qui ritornano prepotentemente protagonisti. Per un numero sempre maggiore di persone una chat dove si deride un protagonista e la sua vita “televisiva” val bene un paio d’ore di noia sdraiato sul divano. Ma cos’è che non riusciamo a comprendere?