Amazon licenzia 18.000 dipendenti e non è certo una buona notizia, soprattutto se il suo esempio è seguito da altre aziende del settore tecnologico. Un’ondata di disoccupazione allarmante.
Vediamo i suoi corrieri passare con i furgoni, citofonare ad un numero infinito di persone e consegnare pacchi di tutte le dimensioni. Quando il mondo era fermo a causa della pandemia, sembrava che il mondo ruotasse soltanto attorno ad Amazon. Per centinaia di milioni di famiglie sparse ai quattro angoli del globo, quegli ordini online sono stati la sola maniera per sopravvivere ai lockdown.
Mai tempi cambiano. Oggi più che mai, repentinamente. E dopo quel biennio d’oro, in tutti i sensi, è già iniziato per il colosso dell’e – commerce, il periodo delle vacche magre, anzi magrissime. Ed il prezzo più alto di questa tempesta economica lo pagheranno migliaia di dipendenti che verranno messi alla porta, perché ormai non più indispensabili. Un brutto segnale, purtroppo non l’unico, che proviene dal mondo tecnologico. E’ allarme.
Amazon licenzia 18000 dipendenti. E’ un brutto segno
La pandemia di Covid – 19 è stata la sua indiscussa fortuna. Tra i mesi di gennaio ed ottobre del 2020 il colosso dell’e – commerce, Amazon, ha aggiunto 427.300 lavoratori in organico, al netto delle centinaia di migliaia di autisti non dipendenti della società. Numeri mai visti all’interno di un’azienda statunitense. E nulla più dei numeri può rendere l’idea di questa crescita senza precedenti. Nel terzo trimestre del 2020, Amazon ha fatto registrare il triplo dell’utile netto rispetto allo stesso periodo del 2019. Un totale di 6,3 miliardi di dollari, come ci ricorda ilpost.it.
Sembra, però, che l’incantesimo sia davvero terminato. Come ci informa business24tv.it, il titolo di Amazon ha bruciato l’intero valore guadagnato durante il biennio pandemico. Il 2022 è stato un anno terribile per il colosso dell’e – commerce, con il titolo che è crollato di quasi il 50%. Quali le vere motivazioni di tale, inaspettato, crollo? Le cause sono riconducibili alle condizioni economiche decisamente peggiorate, ad un’inflazione che, come sta avvenendo in Italia, non è mai stata così alta negli ultimi quarant’anni e dall’aumento dei tassi di interesse, particolarmente “pesanti” per il settore tecnologico.
Le conseguenze? Terribili ed anche peggiori del previsto. A seguito della crisi si erano stimati circa 10000 licenziamenti. Ora il numero ufficiale è di 18000 lavoratori, e forse anche qualcuno in più, non certo in meno. E così, nel giro di un triennio, si è assistito al più massiccio piano di assunzioni mai visto negli Stati Uniti seguito, repentinamente, dal più massiccio piano di licenziamenti mai visto negli Stati Uniti. Una notizia allarmante, non l’unica, che denota una crisi profonda dell’intero settore tecnologico.
Una marea di licenziamenti
Quello che il quadro economico statunitense ci sta mostrando è un momento di grave difficoltà dell’intero settore tecnologico. Se infatti Amazon rappresenta la punta dell’iceberg, dietro vi sono molte altre aziende del settore tech che seguono il drammatico esempio del colosso dell’e – commerce, ovvero licenziamenti a tappeto.
L’ondata di licenziamenti decisa da Amazon toccherà, inevitabilmente, anche il continente europeo. Il CEO Andy Jassy ha affermato che la maggior parte dei tagli previsti riguarderà gli Amazon Stores. Proprio mentre il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, si mostra orgoglioso del piano economico democratico che ha riportato la disoccupazione ai minimi storici, arrivano queste notizie che rappresentano molto di più che un campanello d’allarme. E nell’epoca dell’economia globale un allarme statunitense è un allarme mondiale.