Con il nuovo Governo, e in particolare dall’anno prossimo, quando entreranno in vigore le misure della legge di bilancio, cambieranno parecchie cose per le partite iva. La promessa della maggioranza di centrodestra di rendere la tassazione delle partite iva più semplice sembra sarà mantenuta. Occorre solo capire in che modo e come dovremo cambiare le nostre abitudini per adattarci alle novità.
La legge di bilancio 2023 porterà importanti novità per quanto riguarda le partite iva. Come promesso durante la campagna elettorale, ci saranno dei cambiamenti per quanto riguarda la pressione fiscale sulle partite iva, in particolare su quelle a regime forfettario. La soglia di fatturato per rientrare nel regime si alza, e viene aggiunta una clausola antiesclusiva. Questo permetterebbe alle partite iva di ricevere una pressione fiscale inferiore. Vediamo nel dettaglio come funzionano queste modifiche.
Iniziamo dalla modifica più importante: l’innalzamento del tetto di fatturato per rientrare nel regime forfettario da 65.000 a 85.000 euro. Si è purtroppo ridimensionata la promessa elettorale di spingere il tetto del regime forfettario a 100.000 euro di fatturato, ma avremo comunque un importante allargamento della platea per chi potrà accedere ad un regime fiscale agevolato. L’importanza di poter accedere al regime forfettario per le partite iva è altissima, visto che per le partite iva a regime forfettario si applica un’aliquota agevolata che va dal 5% al 15%. Ne consegue un volume di tasse da pagare significativamente inferiore rispetto alle partite iva che sono al di fuori del regime agevolato.
La misura nasce per venire incontro alla necessità delle partite iva che escono dal regime forfettario per guadagni maggiori, costrette a pagare una mole abnorme di tasse.
La clausola antiesclusiva, per evitare truffe
Un altro aspetto che viene modificato della precedente legge sulle partite iva a regime forfettario è quello inerente all’uscita non immediata dal regime agevolato. Fino a quest’anno, infatti, l’uscita dal regime agevolato non scattava immediatamente dopo aver cominciato a fatturare più di quanto prevede la legge per rimanere all’interno dei limiti del forfettario, ma nel periodo fiscale successivo. La cosa poteva venire sfruttata da alcuni per rimanere all’interno del regime forfettario seppur guadagnando cifre più alte del consentito, e quindi pagandoci meno tasse.
La soluzione è la cosidetta clausola antiesclusiva. Si tratta di una clausola per cui si pone un secondo tetto massimo di fatturato a 100.000 euro, oltre il quale c’è l’uscita immediata dal regime forfettario. Quindi per accedere e rimanere all’interno del regime forfettario e approfittare delle tasse più basse c’è il limite di 85.000 euro, ma se qualcuno inizia a fatturare di più, ma restando entro i 100.000 euro del tetto, si applicano le precedenti regole. Quindi la partita iva uscirebbe dal regime forfettario all’inizio del successivo periodo fiscale, passando quindi al regime ordinario. Secondo la nuova clausola, però, se una partita iva fattura oltre 100.000 euro l’uscita dal regime agevolato è immadiata e dovrà pagare le tasse con il regime ordinario.
Partite iva nel 2023, cosa ci riserva il futuro
Escluse le nuove soglie di fatturato messe dal Governo, i regolamenti delle partite iva rimanegono invariati. Le aliquote che si applicano per il regime forfettario e per il regime ordinario non cambiano di una virgola. Non cambiano nemmeno le cause ostative per passare dal regime ordinario al forfettario, come le spese per i dipendenti che non devono superare i 20.000 euro, ai redditi derivanti da lavoro subordinato, che non devono superare i 30.000 euro l’anno.