L’avversione delle forze di centrodestra per il reddito di cittadinanza era palese a tutti già in campagna elettorale. Giorgia Meloni e i suoi alleati erano pronti per prima cosa a far saltare i piani del reddito di cittadinanza. Il piano è di eliminarlo completamente nel 2024, mentre nel 2023 ne avremo una versione modificata, che prevede più paletti per l’accesso. Dopo la sua eliminazione, sarà sostituito con il reddito di inclusione.
Il reddito di cittadinanza è senza dubbio una delle misure più controverse degli ultimi anni. La sua intenzione principale era quella di essere uno strumento capace di revitalizzare il mercato del lavoro italiano. L’idea era quella di servire da ammortizzatore sociale, dando ai moltissimi disoccupati di che vivere mentre mentre incentivava, e entro certi limiti obbligava alla ricerca attiva del lavoro. Il piano era che entro i 18 mesi di durata del sussidio, i percettori avrebbero trovato un nuovo lavoro.
La misura ha funzionato solo per metà. Il reddito di cittadinanza ha fallito miseramente nell’intento di revitalizzare il mercato del lavoro, a causa dei problemi di inserimento dei percettori e della poca efficacia del sistema dei centri di collocamento e dei navigator. Il sussidio è però servito come ammortizzatore sociale, permettendo a molte delle fascie più povere della popolazione di avere di che vivere nonostante l’assenza di un lavoro. Il reddito di cittadinanza ha rappresentato l’ancora di salvezza di molte famiglia durante la pandemia, che in un momento di totale paralisi hanno avuto di che vivere.
Hanno fatto molto discutere i piani presentati nella legge di bilancio 2023 dal Governo Meloni. Si parla di una radicale modifica al reddito di cittadinanza, con un numero molto più alto di paletti per i sussidiari, come una serie di controlli molto più stringenti per quanto riguarda il rispetto dell’obbligo della ricerca attiva del lavoro. In più ci sarà una riduzione della durata massima del sussidio, con i regolari 18 mesi che diventano soltanto 7, e l’annullamento del sussidio alla prima proposta di lavoro rifiutata.
Giorgia Meloni aveva assicurato che ci sarebbe stato un sistema alternativo per aiutare le persone in difficoltà. Ci si aspetterebbe un nuovo ammortizzatore sociale che permetta alle famiglie economicamente meno fortunate di sopravvivere.
Proprio in quest’ottica entra la proposta della ministra del Lavoro Marina Calderone, che in Senato ha parlato di un reddito di inclusione, che dovrebbe aiutare le famiglie in maniera simile al reddito di cittadinanza. In particolare la ministra ha parlato della “possibilità di intervenire anche attraverso un parallelo intervento di riforma che vada ad istituire un nuovo reddito di inclusione attiva, da vedere al tempo stesso come misura di sostegno al reddito e di inclusione sociale per la parte più in difficoltà e fragile della popolazione”.
Le premesse con cui la ministra Calderone ha presentato il REI (Reddito di Inclusione) nel suo discorso sono le stesse del Reddito di cittadinanza. Le sperimentazioni al livello locale e regionale del sistema di inclusione previsto dal Governo sarebbero già partite e la ministra afferma di aver ricevuto risultati incoraggianti. Uno dei paletti più importanti sembra essere che questo strumento sia utilizzato per combattere la povertà assoluta in Italia. C’è quindi da immaginare che sarà appannaggio solo di chi ha un ISEE non superiore a 9.360 euro.
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