Addio RdC e benvenuto al Reddito di Inclusione. E’ davvero questo ciò che ci riserva l’immediato futuro. E dovendo scegliere, quale conviene di più?
Il 25 settembre scorso l’Italia è stata chiamata alle urne. Ha scelto ed ha scelto in maniera netta. Ha vinto la coalizione di centro – destra ma ha vinto, soprattutto, Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. Lei è diventata premier e sta guidando il nuovo governo in questa fase di estrema difficoltà, interna ed internazionale.
Innumerevoli sono i temi da affrontare ed i problemi da risolvere. La crisi acuita in maniera esponenziale dalla guerra scoppiata tra Russia ed Ucraina, impone delle scelte quasi obbligate. Precedenza a famiglie ed imprese fiaccate dalla crisi e poi si comincerà a ragionare anche su importanti cambiamenti legati a temi sociali di primaria importanza, quale la lotta alla povertà. Ed è qui che entra in ballo il Reddito di cittadinanza. Che fare?
Addio al RdC e adesso?
Nemmeno della Legge Fornero, che peraltro riguardava un tema delicatissimo come la riforma delle Pensioni, si è parlato così tanto. Ha dominato, in lungo e in largo, i dibattiti ed i comizi in piazza durante l’ultima campagna elettorale. Sotto il sole cocente dell’estate 2022, mai così caldo, non ha fatto altro che aumentare ancor di più la bollente temperatura. Il Reddito di cittadinanza è stato il maggiore terreno di scontro tra le parti in corsa per la vittoria finale. Tra posizioni estreme, tra chi voleva confermare la misura per combattere la povertà e chi cancellarla all’istante, vi era anche una parte che ne chiedeva il mantenimento a condizione che ne venissero corretti alcuni aspetti. Si attendeva l’esito delle urne per comprenderne realmente il suo futuro.
Ora che le urne hanno sancito la vittoria netta ed inequivocabile della coalizione di centro – destra, la direzione che il governo ha impresso al tema del Reddito di cittadinanza sembra essere quanto mai chiaro. Per il 2023 i percettori del reddito fortemente voluto dal Movimento 5 Stelle, lo riceveranno soltanto per i primi otto mesi per quanto riguarda le persone definite “occupabili”. La misura, come riportata nella bozza della manovra, non si applicherà alle famiglie al cui interno vi siano persone con disabilità, minorenni o persone con almeno sessant’anni. Nei suddetti casi non cambierà nulla. In attesa poi che nel 2024, quando nelle intenzioni dell’esecutivo, il Reddito di cittadinanza sarà eliminato, si proceda con una nuova riforma riguardante il tema della povertà.
Dal 2023 tutti i soggetti “attivabili” dovranno essere inseriti in un corso di di formazione o di riqualificazione professionale della durata di sei mesi. In caso di mancata frequenza del corso, la misura decadrà immediatamente, così come nel caso che il percettore del reddito rifiuti una congrua proposta di lavoro. E’ possibile che, in tale situazione, si torni a parlare del Rei, ovvero del Reddito di inclusione?
Reddito di Inclusione
La lotta alla povertà crescente nel nostro paese sembra porre l’uno di fronte all’altro il Reddito di cittadinanza ed il Reddito di inclusione. Sono due misure molto diverse, il Reddito di cittadinanza è più strutturato e complesso rispetto all’altro. Ma se si parla di lotta alla povertà l’unico numero che conta sono gli importi che sono in grado di assicurare le due misure. E qui la differenza è netta.
Il Reddito di cittadinanza assicura, mediamente, 500 euro, il Reddito di inclusione arriva a poco più della metà per toccare una punta massima di 328 euro. Se è già difficile sconfiggere la povertà con 500 euro al mese, figuriamoci con poco più di 300. Per questo il ritorno al Rei sembra davvero un’ipotesi assai poco percorribile. Occorre, pertanto, migliorare il Reddito di cittadinanza. La via più logica. La via più semplice. Chissà, se una volta tanto, verrà intrapresa.