Pensioni. un argomento che fa venire i capelli bianchi anche ai trentenni. Per non parlare dei politici nostrani che da anni cercano la soluzione che risolva tutti i problemi.
Non è un argomento, è uno spauracchio. Non c’è governo che negli ultimi anni, e quelli ancora precedenti, non si sia avventurato su quel terreno insidiosissimo e che sembra non lasciare scampo, denominato: Pensioni. Quando si parla di pensioni tutti iniziano ad avere una sorta di orticaria. I politici che devono trovare una soluzione seria e credibile a questo fondamentale sistema.
I pensionati che tremano ogniqualvolta si ipotizza un intervento sulle pensioni, perché temono di perdere anche quel po’ che hanno acquisito durante gli anni. I giovani ventenni o trentenni, quando ci pensano un attimo sembrano non darci troppo peso, ma non per superficialità, ma perché ritengono che non sarà mai un loro problema, perché quando arriveranno loro il sistema pensionistico sarà già deflagrato.
E se anche dopo vent’anni di contributi ti dicono che non hai fatto praticamente nulla. Come si può reagire a tutto ciò?
Pensioni, cambia tutto. In meglio o in peggio?
Senza voler essere superstiziosi, sembra davvero che alle nuove generazioni gliel’abbiano tirata. Ormai da anni c’è una stagnazione sociale che non permette di crescere economicamente. Gli stipendi di coloro che oggi hanno intorno ai trent’anni sono mediamente più bassi rispetto a quelli dei loro genitori. I quali, una volta terminato il loro percorso lavorativo, sono potuti andare in pensione con un dignitoso assegno mensile, che i loro figli, molto probabilmente, non vedranno mai.
Alle nuove generazioni è stato anche detto che sono giovani fortunati, perché non hanno mai conosciuto la guerra. Ora la stanno conoscendo, fortunatamente ad una distanza poco più che minima, ma sempre distanza. Ma è anche sempre guerra. Alle nuove generazioni nessuno pensa granché, tantomeno quando si parla di pensioni. Ogni volta che si affronta il tema, ecco che ritornano intenti quali incentivi a proseguire il lavoro per persone che già dovrebbero essere in pensione, mentre all’esterno migliaia di giovani, e meno giovani, attendono una chiamata che non arriverà mai.
Il nuovo governo di Giorgia Meloni è al lavoro per preparare l’ennesima riforma delle pensioni. Si comincia a sentire qualcosa, come Quota 41. L’obiettivo dichiarato da tempo, è cancellare la Legge Fornero e ripartire con nuove formule. Ma quali? E chi si avvantaggerà e chi, invece, verrà danneggiato dalle nuove direttive del governo di centro – destra?
I nati nel 1961
Sembra che dalle nuove proiezioni ci sia una classe di lavoratori che potrebbe avvantaggiarsi dai cambiamenti preventivati. E’ la classe 1961 quella fortunata, entrata nel progetto del governo denominato Quota 41. Infatti tra tutte le pensioni attualmente in vigore, Quota 41 diventa la scelta migliore possibile. Coloro che sono nati nel 1961 potranno andare in pensione nel 2023 con 41 anni di contribuzione.
Dato che qualsiasi misura pensionistica ha come conditio sine qua non una carriera lavorativa non inferiore ai 35 anni, per andare in pensione con Quota 41 saranno necessari almeno 35 anni effettivi di lavoro, sui 41 anni di contributi necessari. Per chi non ha alle spalle una lunga carriera o per chi non raggiunge il livello minimo rappresentato da vent’anni di contributi, per coloro che sono nati nel 1961 non vi sono alternative di sorta.