Probabilmente la riforma delle pensioni alla quale sta lavorando Giorgia Meloni non è una riforma strutturale.
Questo è ormai chiaro perché dall’esternazioni di vari importanti ministri del nuovo governo Meloni si è chiarito che la nuova riforma delle pensioni andrà a coprire proprio tutti coloro che andranno in pensione nel 2023 ma poi nel 2024 si cambia di nuovo.
Sostanzialmente il governo Meloni sta seguendo la strada dei governi precedenti che facevano riforme di breve respiro proprio per non andare ad impegnare oltre misura le disastratissime casse dell’INPS. Sostanzialmente Giorgia Meloni vuol far partire già dal 2023 la quota 41.
Quota 41 flessibile è il baricentro delle nuove pensioni del 2023
La quota 41 flessibile da tempo era stata promessa dalla Lega ed era diventata una vera e propria bandiera elettorale del partito guidato da Salvini. Con la quota 41 ibrida per le pensioni nel 2023 cambierà veramente tutto ma la novità è che sarà fissato anche un vincolo di età. Sostanzialmente a quanto si dice il vincolo dell’età sarà o a 61 o a 62 anni di età. Quindi si tratterà di una quota 41 flessibile ma comunque sia con un limite di età molto chiaro.
Viene chiamata quota 41 ibrida o quota 41 flessibile ma serve sostanzialmente ad uscire dalla quota 102 del governo Draghi. Quindi quota 102 del governo Draghi non sarebbe prorogata nel 2023. Al contrario sarebbero prorogate nel 2023 ape sociale e opzione donna. Infatti ape sociale e opzione donna teoricamente avrebbero dovuto finire con la fine di quest’anno.
Cambia tutto dal 2023 ma non sarà una riforma strutturale
Invece il governo punta non soltanto a prorogarle ma in un certo senso anche a potenziarle proprio perché opzione donna dovrebbe essere non solo prorogata per il 2023 ma addirittura estesa anche agli uomini. Proprio per questo si parla con insistenza di opzione tutti oppure opzione uomo. “Opzione tutti” oppure “opzione uomo” sono solo nomi giornalistici dati a questa innovativa proposta del governo Meloni.
Ma il problema sono le coperture. Infatti il problema è sempre quello relativo al taglio dell’assegno pensionistico. Con queste possibilità effettivamente si può andare in pensione prima ma bisogna stabilire di quanto sarà tagliato l’assegno. Attualmente governo e parti sociali stanno discutendo proprio su questo. Da parte sua l’INPS non vuole tagli troppo netti che sarebbero penalizzanti ma deve fare i conti con un bilancio che cresce anno dopo anno. Dunque i rischi di tenuta del sistema effettivamente ci sono ed è questo il pretesto più forte che ha il nuovo governo per giustificare tagli forti all’assegno INPS.