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Perchè dobbiamo prepararci ad un’inflazione che durerà anni

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Edoardo Corasaniti

Negli anni Settanta la crisi petrolifera fece esplodere l’inflazione in Italia per oltre un decennio a doppia cifra. Le differenze con il passato. 

I prezzi al consumo galoppano di mese in mese e le vendite al dettaglio nell’Eurozona hanno già iniziato a scendere. Le famiglie sono costrette a spendere di più per energia e alimentari e devono tagliare necessariamente le spese “superflue”, dati i redditi stagnanti.

L’inflazione è tornata ad essere un problema dopo oltre tre decenni di tregua in tutto l’Occidente. Addirittura, a luglio nel Regno Unito è salita sopra la soglia psicologica del 10%. E’ stato il primo paese occidentale ad avere registrato la doppia cifra. Ciascuno di noi confida e spera che l’inflazione ripieghi quanto prima e i prezzi si stabilizzino tra pochi mesi. Se dovessimo guardare al precedente degli anni Settanta, tale speranza sarebbe vana.

Il lungo boom dell’inflazione

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Era la fine del 1973, quando l’OPEC decise di punire l’Occidente per il suo sostegno a Israele nella Guerra dei Sei Giorni. Impose l’embargo contro Europa e Nord America e le quotazioni petrolifere quadruplicarono. I tassi d’inflazione esplosero ovunque. Solo la Germania evitò la doppia cifra, grazie alla reazione energica e pronta della Bundesbank, che alzò i tassi d’interesse e li tenne in territorio positivo in termini reali. In Italia, l’inflazione era ancora al 5% nella primavera del 1972. Un anno dopo, risultava già raddoppiata. L’apice fu toccato nel novembre del 1974, quando raggiunse il 25,20%. Tuttavia, ancora agli inizi degli anni Ottanta tornava a superare il 20% dopo la Rivoluzione Islamica dell’ayatollah Khomeini in Iran. Bisognerà attendere il mese di ottobre del 1984 per trovare un’inflazione sotto il 10%. In pratica, i prezzi al consumo nel nostro Paese crebbero a doppia cifra per circa undici anni e mezzo.

Similitudini con anni Settanta

Per fortuna, la storia non si ripete mai identica a sé stessa. Anche se bisogna ammettere che con la crisi degli anni Settanta esistono diverse similitudini. La prima è che già prima della corsa dell’inflazione, le economie occidentali rallentavano per effetto del completamento dell’industrializzazione. Da almeno un decennio, invece, le stesse economie stanno faticando a crescere per via della delocalizzazione produttiva seguita alla globalizzazione. Secondariamente, anche allora come oggi l’inflazione scaturì dalla crisi dell’energia, a sua volta conseguenza di tensioni geopolitiche. Terzo, le banche centrali tentennarono a reagire al boom dei prezzi, ritenendo che poco avrebbero potuto tassi d’interesse più alti per contrastare una crisi legata all’offerta di materie prime. Ma esistono anche vistose differenze. La prima riguarda la differente politica fiscale dei governi, che allora fu espansiva, specie in paesi come l’Italia. Ciò contribuì a sostenere l’inflazione, rendendo più complicato il compito delle banche centrali. Oggigiorno, invece, usciamo da un biennio di forti deficit spending in reazione alla pandemia e che certamente hanno contribuito a far galoppare l’inflazione. Tuttavia, non sembra che i governi abbiano intenzione per i prossimi anni di continuare a indebitarsi a ritmi sostenuti. A differenza di mezzo secolo fa, siamo già iper-indebitati. E se negli anni Settanta e fino a metà anni Ottanta i redditi erano ben agganciati all’inflazione, non così è oggi. La “scala mobile”, in vigore in Italia per meno di un decennio, fu considerato un meccanismo perverso tramite il quale si innescò una spirale inflazione-redditi-inflazione.

 

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