A causa della crisi del gas che sta colpendo l’Europa, si attende lo sciopero dei distributori a breve. Ecco cosa rischia il nostro Paese
La guerra in Ucraina non accenna a cessare. L’invasione russa ha prodotto, oltre a distruzione e morte, anche gravi effetti “collaterali” economici che stanno colpendo la maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea. Una situazione che ha provocato una crisi molto seria, che ha colpito il settore energetico anche del nostro Paese.
La Russia, infatti, è il maggior partner di gas del nostro Paese. Dunque, il conflitto, in Ucraina sta producendo una grave crisi del gas, con aumento dei prezzi a causa delle importazioni e oscillazioni delle borse. In questo scenario si affaccia la possibilità concreta di uno sciopero dei distributori. Ecco cosa potrebbe accadere in Italia.
Lo scorso 8 aprile 2022, alcune associazioni di categoria, come Assopetroli, Assogasmetano e Federmetano, hanno indetto un’astensione collettiva dell’erogazione dei servizi di distribuzione. Sulla scia di questo, si attende uno sciopero nazionale per il 4, 5 e 6 maggio 2022.
Le associazioni settoriali elencate, dopo aver indetto l’astensione dell’erogazione dei servizi di distribuzione di gas naturale, avevano avanzato alcune richieste. Tra queste si chiedeva la riduzione dell’IVA dal 22% al 5%, oltre all’assunzione di una stessa aliquota per gli usi civili e industriali.
L’aumento dei prezzi di gas naturale, infatti, ha reso molto difficile la situazione per coloro che lavorano in settori “energivori”. Proprio per questo si attendeva uno sciopero su tutto il territorio nazionale, indetto per le giornate del 4, 5 e 6 magio 2022, dalle 7 alle ore 9 del mattino.
Tuttavia, dopo le misure prese dal Consiglio dei ministri, le tre associazioni di settore hanno revocato lo sciopero, nonostante la conferma arrivata il 28 aprile. Questo sarà possibile perché il governo ha concesso una proroga per quanto riguarda il taglio delle accise sui carburanti che durerà fino all’8 luglio 2022.
Ad oggi, l’accisa è pari a 0€ per metro cubo, oltre al passaggio dell’IVA (così come era stato richiesto dalle associazioni) dal 22% al 5%. Il governo, dunque, ha deciso di andare in contro alle richieste delle associazioni dopo circa 8 mesi di trattative ed incontri.
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