Se la somma del Reddito di cittadinanza è decurtata rispetto al passato c’è una spiegazione: ecco cosa sta accadendo.
Varato circa due anni, il Reddito di Cittadinanza è una misura diretta a contrastare la povertà e provare a reinserire nel mercato del lavoro. Nel tempo ha acquisito un’importanza focale nel dibattito politico ma anche nel tessuto sociale, per via dell’alto numero di soggetto che ne beneficiano. Al di là dei casi in cui se ne faccia un uso improprio, il reddito di cittadinanza è un mezzo di sostegno alle fasce deboli in attesa dell’inserimento nel mondo del lavoro. Soprattutto nei partiti è contestato proprio per il suo incauto che, in diverse occasioni, ha spinto i politici a chiederne una revisione o anche soppressione. Il Reddito si forma di due elementi: una parte che rappresenta un’aggiunta del reddito familiare (quota A) e dall’altro un contributo per l’affitto o per il mutuo (quota B). La quota B permette di realizzare un pagamento mensile per saldare la rata dell’affitto, in favore del locatore segnato nel contratto di locazione, o la rata del mutuo all’intermediario che ha concesso il mutuo. La misura però non è uguale in tutta Italia, visto che in alcuni luoghi non è possibile accedere alla “quota B”. Ecco perché.
Dal 2022 alcuni soggetti che finora hanno goduto del Reddito di Cittadinanza rischiano di avere una decurtazione rispetto al sussidio da sempre ricevuto. Il motivo si lega al fatto che la misura dovrà tenere in considerazione i bonus già versati dagli enti locali. Basti pensare ai bonus affitti messi a disposizione dalle regioni o da altre istituzioni. Questo fa scattare la parte riservata alla quota b, e il relativo diritto al bonus di cittadinanza. Una circostanza che farà soffrire perlopiù gli abitanti residenti nelle province autonome di Trento e Bolzano. In questi territori è applicato un contributo che va ad incontrare le esigenze degli affitti. Ed ecco che così per loro viene messo una parte importante del Reddito di cittadinanza, proprio quello riferito all’abitazione.
Con una circolare di febbraio scorso, l’Istituto nazionale per la previdenza sociale (Inps) ha fatto sapere che considererà le pensioni di invalidità ai fini della determinazione del reddito familiare. Si tratta di una novità assoluta in materia. Questo potrebbe dire che cambiano le carte in tavola, visto che automaticamente ha degli effetti sul valore dell’Isee, determinante per il calcolo delle somme del Reddito di cittadinanza: una somma di fattori che rischia però di far decadere dal diritto al reddito di cittadinanza, oppure di avere una decurtazione importante rispetto al monte complessivo della cifra finora percepita e che ha rappresentato in questi anni una certezza nell’attesa di una nuova occupazione professionale, magari migliore e più stabile
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