Il pignoramento è uno di quei rischi in cui può imbattere un professionista che lavora con partita Iva. In caso di insolvenza con il Fisco, ad esempio, l’Agenzia delle Entrate può aggredire il patrimonio del debitore. Ma ci sono alcuni limiti.
Se un lavoratore professionista ha deciso di aprire la partita Iva deve essere a conoscenza di alcune caratteristiche tipiche di questo regime fiscale. Oltre quelli che ne derivano in merito a fatturazione, tassazione, redditi imponibili ecc, un altro aspetto da tenere a mente è che i conti correnti, i redditi e le risorse finanziarie sono le prime che possono essere attaccate in caso di pignoramento. Con una specificazione: non ci sono limiti ai prelievi in caso di sanzioni. C’è da evidenziare che i professionisti con partita Iva sono maggiormente oggetto di controlli, in quanto possono più facilmente accedere a meccanismi di evasione fiscale. Ma l’aggressione del patrimonio può avvenire anche nel caso di debito contratto con un privato. E una delle penalizzazioni che il legislatore ha previsto è proprio il pignoramento.
Per fortuna non tutti i beni sono pignorabili, nemmeno ad un professionista che possiede la partita Iva. In base alle norme di procedura codice civile, infatti, non è consentito pignorare vestiti, biancheria intima, il letto, il tavolo dove si effettuano i pasti, le sedie, il frigorifero, fornelli, stufe, lavastoviglie, lavatrici e i mobili da cucina. A detta del legislatore, questi sono beni di cui qualunque uomo o donna non può essere privato in quanto rappresentano beni essenziali per lo svolgimento della vita quotidiana. Naturalmente, sono esclusi da queste garanzie i beni all’interno dell’abitazione ma che posseggono un alto valore economico, storico o artistico. Si pensi ai quadri o opere d’arte in genere, i quali hanno un valore di alto pregio e non sono inclusi in quei beni che servono per il vivere quotidiano. In quest’ultima categoria, ovviamente, è inserito il cibo e i materiali combustili (che possano servire per un mese al mantenimento dei familiari del presunto evasore).
Come detto, l’Agenzia delle Entrate può attaccare per primo il conto corrente, redditi o altre entrate. Anche per il conto cointestato il fisco può aggredire fino al 50% dell’intero patrimoni. Il raggio di azione si può focalizzare sui beni come gioielli e mobili di pregio, come beni artistico e antiquariato. C’è da ricordare che anche le auto e le case sono attaccabili, ma esclusivamente se su quest’ultimo l’ente di riscossione ha iscritto una ipoteca per un tempo maggiore di sei mesi. E ancora: deve spedire all’evasore un avviso di ipoteca. Dopo, devono trascorrere altri 30 giorni per l’iscrizione. C’è un altro caso in cui la casa è aggredibile: l’immobile superi il valore di 120 mila euro o se il debito per cui si procede è maggiore a 120mila euro.
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