Ci sono oggi al mondo due diverse narrazioni dell’inflazione. Una è quella che viene dalle associazioni degli imprenditori e dei consumatori.
Questa narrazione prende in esame i rincari veramente forti delle materie prime che in alcuni casi sono arrivati a raddoppiare di costo e ne trae le debite conseguenze su uno scenario inflazionistico forte e pericoloso. Questa narrazione è confortata anche dalle analisi di tanti economisti. Poi esiste una narrazione completamente diversa dell’inflazione. Questa seconda narrazione viene dalle banche centrali. Le parole d’ordine di questa narrazione sono “bassa” e “transitoria”. Ma la verità e che dell’inflazione cercano di non parlare mai. Le banche centrali negando completamente dati oggettivi che provengono delle filiere produttive si stanno ostinando da mesi a raccontare che l’inflazione non c’è e che loro possono continuare indisturbate le loro politiche ultra espansive per favorire la ripresa. Tuttavia all’interno delle banche centrali esisteva un tempo una frangia di personaggi chiamati falchi.
L’estinzione del falco
I falchi erano in un certo senso una sorta di contrappeso perché, al contrario, sostenevano che l’inflazione è da tenere d’occhio e che non si può continuare con i cordoni della borsa sempre aperti. Oltre al problema dell’inflazione c’è anche il problema che facendo così, i mercati borsistici vanno in bolla. Ultimamente però i falchi si sono estinti. I falchi europei misteriosamente si dimettono e quelli americani vengono colpiti da scandali che hanno un tempismo fantastico.
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Di conseguenza nelle banche centrali rimangono soltanto colombe che si auto incensano perché stanno “sostenendo la ripresa”.
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Quello che stanno sostenendo, sono semplicemente grafici di borsa che salgono sempre e un’inflazione che se ancora non genera disordini di piazza (ma in alcuni paesi dell’Est li ha già generati) è solo perché ci mette un po’ a manifestarsi in tutta la sua forza distruttiva.