La crisi dei chip ha colpito duramente numerosi comparti. Ma come noto è il settore dell’automotive a essere stato colpito più di tutti.
Dal sud est asiatico i preziosi microchip hanno cominciato ad arrivare in Europa come nel resto del mondo, sempre più con il contagocce. Il settore dell’automotive ha risentito particolarmente il colpo. Addirittura Toyota ha dichiarato che questo 2021 potrebbe essere molto lontano dall’essere l’anno della ripresa ed anzi potrebbe essere anche peggiore del tragico 2020. Tutto lo scenario inflazionistico ovviamente non aiuta. Ma allora come fa BMW a ignorare la questione dei chip ad andare bene in borsa e ad alzare addirittura le stime? La risposta è assai semplice: alzando i costi delle vetture. Tutti i conti del colosso di Monaco parlano assai chiaro. L’azienda è solida ed ha stime assai ottimistiche. Intendiamoci, anche la BMW sta subendo ritardi e intoppi e maggiori costi a causa della crisi dei chip ma semplicemente li scarica sui consumatori.
Il sottoprodotto è sempre l’inflazione
Questa soluzione così semplice ed elegante è possibile per un produttore di auto di fascia medio alta come BMW ma ovviamente chi produce auto che devono essere più competitive sul fronte dei costi non può ragionare allo stesso modo. Inoltre la mossa di BMW sebbene sia positiva per la casa stessa ha un riflesso molto chiaro e semplice: è un altro modo per aumentare l’inflazione. Insomma, l’inflazione e qui per restare e per radicarsi a 360° in tutti i meccanismi della produzione e del consumo.
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Insomma, il gioco dell’inflazione è sempre questo: scegliere tra contrarre un mercato o farlo aumentare di prezzo.
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Vedremo quali vie sceglieranno le banche centrali per fronteggiare l’inflazione. Ma nessuna di esse sarà indolore. Ed è questo l’enigma che innervosisce le borse in questo periodo.