Sappiamo bene quanto il minig di criptovalute possa essere estremamente redditizio. Si tratta di un’attività che può generare grandissimi introiti ma ha bisogno di competenze tecniche di macchine specifiche ma soprattutto di tanta tanta energia.
E’ infatti il consumo di energia il principale deterrente a questa attività che ha arricchito tanta gente. E dunque ecco che per estrarre le criptovalute la materia prima diventa proprio l’energia elettrica. Questo sta suscitando parecchie polemiche perché ad esempio è saltato fuori in un’inchiesta del New York Times che il mining delle criptovalute consuma a livello globale più energia di tutta la Finlandia. Sono chiaramente cifre intollerabili. E’ proprio in questo senso che i miners di criptovalute cercano di ingegnarsi ubicando le loro strutture in paesi nelle quali e quali l’energia costa poco come alcuni paesi del sud-est asiatico.
Tanta energia necessaria
Oppure quando sono più “disinvolti” rubandola proprio allo stato. Un caso eclatante è successo in Polonia dove un dipendente delle locali forze dell’ordine si era arricchito rubando l’energia direttamente da una stazione della Polizia. Ma è stato prontamente beccato. Una storia analoga è accaduta nello stato di New York. Un dipendente pubblico ho approfittato del suo ruolo per piazzare numerose macchine per il mining in luoghi strategici. Dunque le ha nascoste in palazzi pubblici nei quali potevano essere collegate alla rete elettrica statale e quindi nutrirsi di energia pubblica svolgendo il lavoro di mining per suo conto.
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È stato scoperto e ora rischia 15 anni di carcere per aver sottratto $6000 di energia elettrica. Queste vicende si inseriscono in un contesto nel quale il mining si trova chiaramente sotto accusa.
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Non tanto per i reati perpetrati dei singoli che sono chiaramente responsabilità loro quanto per un costo di inquinamento sulla collettività che chiaramente non potrà essere tollerato a lungo.